Chi tace evita noie e inconvenienti che invece capitano a chi non tace.
Non sono d’accordo e non condivido tutti i proverbi a riguardo, tipo “il silenzio è d’oro”, “in bocca chiusa non entran mosche” o “il silenzio è la risposta dei saggi”, perché gli attribuiscono il valore della saggezza. Lo stolto che tace è forse un saggio? No. È scemo, così come tutti coloro che tacciono.
“Chi tace acconsente”, questo sì che è vero.
Il silenzio è sempre una forma d’avallo a qualsiasi stato di cose, è omertà. Io non sono stato un omertoso in gioventù, non voglio diventarlo ora che non ho più i capelli corvini e neppure per il fatto che sono nato in una terra che dell’omertà è schiava. Però, per la caccia, sono costretto a subirla.
I cacciatori, che non parlano o che non denunciano la mancata gestione programmata del territorio agro-silvo-pastorale, sono o no degli omertosi?
I cacciatori , che non parlano o che non denunciano i lanci di selvaggina, cosiddetta da ripopolamento, fuori tempo e luogo, da chi ne è preposto, sono o no degli omertosi?
I cacciatori, che sono a conoscenza o, addirittura, fautori di immissioni di selvatici senza i necessari controlli sanitari, sono o no degli omertosi omertosi?
I cacciatori, che sanno chi utilizza richiami e quant’altro non consentito, sono o no degli omertosi?
I cacciatori, che sanno chi spara alla regina al rientro e all’uscita del bosco, meglio definito aspetto mattutino e serale, sono o no degli omertosi?
I cacciatori, che sanno chi spara di notte su animali da appostamento o da autoveicoli, sono o non sono degli omertosi?
Gli interrogativi di cui sopra sono solo una parte e siccome i comportamenti del silenzio omertoso sembrano essere diventati una regola a cui rassegnarsi, asserisco senza tema di essere smentito, che è una vergogna di cui tutti dovremmo vergognarci. Vi pare giusto che chi osserva le regole debba essere accomunato a chi compie atti di viltà, azioni ignobili e vili agguati.
Tutto ciò che è deprecabile e riprovevole costituisce, per analogia, un comportamento criminogeno.
Caccia questa non è. È solo carne senza piacere, acquisita codardamente.
Chi, in tutto o in parte, questo compie è affetto da “animalità”: una malattia che basterebbe poco a essere debellata.
Ribelliamoci!
Da tutti gli organi preposti “ad osservare e fare osservare” le vigenti normative in materia di caccia e di tutela degli animali, dobbiamo pretendere di più, perché a sottovalutare il pericolo sono primariamente tutti coloro che dovrebbero sorvegliare, così come statuito per legge.
Io continuerò a parlare finché avrò fiato e a scrivere finché avrò penne.
L’importante è che a leggermi qualcuno finisca col riflettere e trovare quel coraggio di ribellarsi che in pochissimi abbiamo.