Nel difendere gli imprescindibili diritti della caccia continua a essere di moda l’assenteismo culturale sia dei rappresentanti dell’associacizionismo venatorio sia degli stessi cacciatori, con qualche sporadica eccezione.
Se quello di base è grave, gravissimo è quello dirigenziale.
Tutto ciò è negativo non solo per la soluzione dei tanti problemi, ma per l’immagine negativa che mostriamo alla società , che a malapena ci sopporta.
Bisogna, dunque e innanzittutto, essere preparati.
Qualsiasi nuovo modo d’intendere e qualsiasi nuova riforma ha bisogno non solo di documenti da programmare unitariamente, ma di uomini-guida all’altezza del compito loro affidato, con spirito d’iniziativa e disponibili a sprecare intelletto, energie e tempo libero.
Ovviamente appassionati e anche capaci di proporre soluzioni anticipatrici di eventi successivi.
Chi non ha tali requisiti e non è disponibile a tanto, si dimetta pure! Perchè, lo ribadisco, chi non cammina non fa camminare.
La parte verde e quella venatoria è adusa dire: “Alla tua morte lascia l’ecosistema in una condizione non peggiore di come l’hai trovato”.
Parafrasando e rapportando l’auspicio-ammonimento alla morale, si può benissimo dire: lascia, per non peggiorare la già compromessa situazione.
Di fronte a tutto questo s’impone la domanda sul che fare! Se la deve porre ognuno individualmente; ce la dobbiamo porre collettivamente.
Sono il primo a rendermi conto che i presagi nefasti, le trombonate, le gradassate e le offese verbali e scrite non giovano a nessuno.
Nemmeno utile è la tecnica del muro contro muro attuata con la già trattata conflittualità fra opposti interessi.
L’esperienza insegna che quando non si è in grado di ragionare con cultura non si è capaci di comprendere, di fare comprendere e, neanche, di ottenere nulla.
Oggi, il risultato è sotto gli occhi di tutti:
– I cacciatori, spesso e sempre per demerito delle Associazioni di rappresentanza sono rimasti isolati, ghettizzati e schiacciati da una supposta e arrogante cultura anticaccia, perchè la caccia non ha saputo, e non è ancora capace di diffondere la propria cultura con la comunicazione e il confronto con le parti avverse, e non solo;
– Gli ambientalisti (quelli non seri) demonizzano i cacciatori, generalizzando e giungendo a definirli assassini. Sono gli accidiosi e gli irriducibili della categoria. Sprecano energie, talvolta intelligenze, versando fiumi d’inchiostro criticando, contrastando, enunciando e presentando ricorsi al Tar per bloccare più provvedimenti possibili contro la caccia, e non soltanto..
Le Associazioni di rappresentanza, quasi tutte, sono talvolta spudoratamente delle multinazionali eco-affaristiche;
– Il mondo agricolo, che avendo con i cacciatori e glia ambientalisti uno strano rapporto di amore-odio, è sempre in pericoloso e minaccioso fermento.
L’agricoltore, spesso egli stesso cacciatore, avversa i cacciatori perchè non può su di loro esercitare il suo ” ius-proibendi” di accesso al proprio territorio e le Associazioni ambientaliste per il fatto che gli contestano l’uso di prodotti chimici per l’agricoltura, a torto o a ragione, ritenuti tossici e inquinanti.
E’ ora di finirla!
Alle tre categorie non deve essere concesso di manipolare l’ambiente naturale a loro piacimento e uso, addomesticandolo e operandovi non sempre correttamente, tanto da essere violentato.
E nessuno è esente da colpe.
Non esente da colpe è anche l’editorialismo venatorio che è rimasto troppo di parte per convenevolezza settoriale e pubblicistica, tranne qualche sprazzo d’individuale diversità : ma è esempio da mosca bianca.
In Italia abbiamo una realtà venatica ancora possibile, poco dinamica e malgestita.
Cambiare rotta, prima che sia troppo tardi.